Prove dove e a che ora.
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La luna e' alta com'e' svelta
forse non t'ha visto mai
senno' starebbe qui a guardarti
non andrebbe a letto mai.
Ninna nanna sotto gli alberi
e tu inventami qualche favola
stelle non fate briciole
la luce fa male all'amore.
buonanotte buonanotte
ai delfini ai naviganti
ai lampioni ai fiori e
ai vecchi mendicanti
buonanotte a voi amanti
buonanotte buonanotte
anche a chi non dormira'
e a chi lo fa
a chi ha perso un altro giorno di cammino
e a chi invece e'gia' vicino
buonanotte a un sogno piccolo
perche' poi si avverera' e non lo sa
alle donne ai cacciatori senza mira e senza cuore
buonanotte a te amore
la luna aspetta questa notte
forse non se ne andra' via
perche' la gente e' dolce quando dorme
sa di nostalgia
buonanotte buonanotte
ai bambini a tutti quanti
ai paesi con le case senza niente
buonanotte alla mia gente
buonanotte buonanotte
alla pace se verra' noi siamo qua
a chi inventa in un sorriso di speranza
e a chi sbaglia e non ci pensa
buonanotte ai cuori teneri
che non tremeranno mai
al silenzio al tuo respiro
a questa notte che ora muore
buonanotte a te amore mio...
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Penso che studierò il maori quest'anno, mi sembra più importante conoscere il linguaggio nativo del mio paese. Sai, così mi sento meno un estraneo in un posto dove lamia famiglia ha vissuto per generazioni.
E' una situazione strana essere discendente di immigrati provenienti dall'altra parte del mondo. Certe volte penso che in 150 anni gli europei (di qui) non hanno ancora trovato la loro casa. Un'amica ha fatto un video in cui filmava la gente, chiedendo che cosa significava 'casa' per loro. pochissimi sembravano davvero sicuri, e descrivevano la casa come un sentimento, o essere con la famiglia.
I maori intervistati spesso rispondevano che 'casa' era un a certa regione del paese.
Che parte del paese è casa per me? Il manawatu dove il mio bisnonno si è stabilito arrivando dall'irlanda e dove generazioni successive hanno vissuto (adesso quasi tutti trasferiti a Auckland)? E' Hamilton, dove sono cresciuto? O Auckland, dove ora viviamo io e i miei genitori? Non c'è un settore del paese che sento come casa, dopo 4 generazioni ancora non so rispondere alla domanda su cosa sia 'casa'...
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Un po' di febbre. Niente di preoccupante, niente di grave. Chi ha figli sa bene che queste cose succedono: una suppostina, una notte di sonno e via, passa tutto. Alessandro quella sera di venerdì 11 novembre 2005 aveva la temperatura alta. Non ci siamo allarmati.
Alessandro è il nostro secondo bambino, è nato a Roma il 26 maggio del 2004. Con la più grande, Cecilia, cinque anni a luglio prossimo, ci eravamo già passati tante altre volte: influenze, raffreddori, malattie esantematiche. Non siamo genitori particolarmente ansiosi, e con Alessandro che è sempre stato un bimbo sano e forte abbiamo affrontato tutto con grande disinvoltura.
Ma la mattina del 12 novembre ci siamo subito accorti che quella non era una febbre qualsiasi. Alessandro aveva macchie su tutto il corpo, macchie strane. E la temperatura, appena sveglio, già sfiorava i quaranta gradi. Abbiamo subito capito che era qualcosa di grave, di gravissimo. Una parola che solo a pronunciarla fa paura: meningite, per poi scoprire che era ancor di più, sepsi meningococcica. Non c'era tempo da perdere. Non c'era quasi più tempo.
Una corsa all'ospedale più vicino a casa, il Policlinico Umberto I.
E' inutile raccontare il terrore, la pena, l'angoscia: non ci sono parole adeguate. Al Pronto Soccorso Pediatrico hanno lottato contro il tempo, contro i minuti che scivolavano via mentre la vita di Alessandro era legata a un filo di speranza sempre più sottile. Sempre più sottile. Più sottile. Un niente lo teneva ancora legato alla vita.
A quel poco più di niente Alessandro è rimasto appeso per dieci giorni nella sua piccola stanzetta della Terapia Intensiva Pediatrica. In coma. Vederlo lì, dietro al vetro, collegato a sonde e tubi. Il nostro bambino. Il nostro piccolo Alessandro nell'ombra cupa, nel buio, nell'abisso del male che se lo voleva portare via.
Ciascuno di noi può ritenere che lo abbiano salvato le preghiere di chi ha pregato, l'amore di chi lo ha amato e lo ama, la forza disperata che ciascun genitore ritrova in se stesso quando è in gioco la vita dei propri figli. Non lo sapremo mai.
Ma sappiamo una cosa. E la sappiamo con certezza. Alessandro è stato salvato dalla straordinaria squadra di medici, infermieri, portantini della Terapia Intensiva Pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma. Sotto la guida del professor Corrado Moretti, Primario anche del Prono Soccorso Pediatrico, abbiamo visto quegli uomini e quelle donne lavorare senza sosta, in situazioni troppo spesso inadeguate. Hanno fatto tutto il possibile per salvare Alessandro e non abbiamo mai sentito una volta le parole della burocrazia: "Non si può fare, non è di mia competenza, è fuori dal mio orario di lavoro".
Alessandro ha trovato in quel reparto tanti padri e madri e sorelle e fratelli: professionisti che gli hanno voluto bene perché, molto semplicemente, un bambino da salvare è una vita da salvare e da rispettare. E siamo stati salvati e rispettati anche noi genitori: con delicatezza, con tatto, con gentilezza e affetto.
Questa è una favola brutta a lieto fine. Alessandro è stato salvato. E' tornato a casa, dalla sua sorellina, dal suo papà e dalla sua mamma. Ma noi sappiamo che Alessandro ha adesso un'altra casa, un luogo dove è nato per la seconda volta.
Ecco perché abbiamo voluto dire grazie a tutti quelli che gli hanno salvato la vita. Ma vogliamo dire un grazie anche più grande e ambizioso: un grazie a tutti quelli che faranno qualcosa per questi medici e per questo lavoro.
Andate qui : http://www.amicidialessandro.it/.
Ciao,
Touch.
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DAL 4 MARZO AL 1 APRILE 2006
PIERO SIMON OSTAN & MARCO BORTOLOZZO espongono
"HAPPY BIRTHDAY WAR"
inaugurazione sabato 4 marzo - ore 18.30
Ciò che vedete è una raccolta d’espressioni. Chi è il soggetto? Un ragazzo di meno di trent’anni, figlio della guerra fredda: nato quando l’idea di un possibile conflitto era qualcosa di apocalittico e devastante. Non esiste più quel tempo. Oggi anche il concetto di guerra è cambiato. Il fulcro della contesa non è più la distruzione dell’avversario o la sua resa, ma il controllo della sua economia. E la guerra cosa porta? Odio, violenza, morte…certo! Ma anche soldi. Soldi a tutti coloro che vogliono investirci. Uno Stato che entra in guerra aumenta la propria produttività e i propri guadagni. Allora in quel “bel Paese” l’economia ne trae beneficio. Guardate le foto… Guardate il ragazzo… Egli è lo specchio della nostra società. Pronto a giurare di essere contrario alla guerra, di non sopportare gli U. S. A., di non mangiare hamburger. Ma non vuole, e forse non può, non comprarsi gli occhiali alla moda e fare il pieno di benzina per andare a prendere la fidanzata… E’ felice il nostro ragazzo, ma in cuor suo ogni volta che va a fare il pieno gli girano gli attributi perché vede che il prezzo al litro è aumentato… Ride, esce con gli amici, si diverte… Il nostro eroe non è insensibile ai problemi del suo tempo, non è disinteressato. Ha la serenità della distanza: egli è lontano dai gravi fatti che colpiscono la società. Ma spesso gli torna in mente la notizia sentita alla radio o letta sul giornale… allora vuol parlarne, vuol comunicare la sua opinione, vuol sentirne di diverse dalla sua. Anche questo ha spinto due artisti di Portogruaro a creare ciò che vedete. Entrambi laureati, uno in lettere e l’altro in arti grafiche: combinazione che porta l’immagine al servizio della parola e viceversa. Uno si esprime con poesia, l’altro crea tutto ciò che l’ingegno gli suggerisce. Sono diversi, ma con tante cose in comune: la musica, il teatro e la voglia di comunicare. La loro creatura è davanti ai vostri occhi. Ora guardate quelli del ragazzo nelle foto... Vedrete che al loro interno c’è la voglia di continuare a vivere sereno, cercando se possibile di cambiare la società in cui si trova, ma sapendo che la società stessa l’ha plasmato e a lei deve rendere conto.
(Silvio Battiston)
http://www.portodeibenandanti.org/
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